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Cipollini:"Pantani,che ingiustizia"

Ultimo Aggiornamento: 14/02/2005 13:00
14/02/2005 13:00
 
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"Dolore per la morte è ancora intenso"

Ad un anno esatto dalla morte di Marco Pantani, un altro uomo simbolo del ciclismo italiano, Mario Cipollini, ricorda amaramente il Pirata: "Il dolore è ancora intenso. Vorrei rimuovere, ma è impossibile - ha detto al Corriere della Sera - È una sorta di ingiustizia umana che percepisco". Si poteva evitare? "Ormai era difficile contattarlo. Volevo una squadra insieme, magari le cose sarebbero andate diversamente.".
Cipollini

E' passato un anno esatto dalla morte del "Pirata", da quando Marco Pantani, l'uomo che con le sue arrampicate faceva sognare appassionati e non di ciclicmo, venne trovato riverso in una stanza del residence "Le Rose" di Rimini, stroncato da un'overdose di cocaina. A ricordarlo, insieme a chi in vita gli fu vicino, anche un altro grande del ciclismo, Mario Cipollini: "Dicono che il tempo cura le ferite, ma quando sono così profonde non esiste medicina. Il dolore è ancora intenso, vorrei rimuovere, ma è impossibile - ha detto Re Leone al "Corriere della Sera" - È una sorta di ingiustizia umana che percepisco. Al di là del grande campione, penso a un ragazzo di 34 anni che se n’è andato in quel modo. Si poteva evitare? Pochi giorni prima che Marco morisse, mi ero mosso per incontrarlo. Non avevo il numero del suo cellulare: negli ultimi mesi era difficile per chiunque contattarlo. E prima ancora avevo avuto un sogno premonitore...Io e Marco al guardaroba di un ristorante. Lui elegantissimo, in abito nero e cravatta bianca, rasato e abbronzato. Sognai di abbracciarlo: ricordo proprio la sensazione fisica di quell’abbraccio. La mattina dopo cercai di parlargli. Troppo tardi...".

Se potesse tornare indietro, Mario Cipollini agirebbe diversamente: "Mi rimprovero di non averlo conosciuto meglio, di non aver avuto con lui un rapporto più stretto. Abbiamo vissuto vite distanti, ma tra noi c’era grande rispetto. Lo scalatore e il velocista: ciascuno, nel suo ruolo, aveva il suo spazio ben definito nel mondo del ciclismo. Mai un’incomprensione, mai una gelosia. Non abbiamo condiviso ritiri o camere d’albergo, ma nel gruppo, in corsa, abbiamo parlato tanto dei problemi del ciclismo. Ed eravamo sempre in perfetta sintonia". E coltiverebbe in un altro modo anche il progetto fallito di una squadra insieme al "Pirata": "Credevo in quel progetto, credevo di poter trasmettere a Marco ciò in cui lui non credeva più. Chissà come sarebbero potute cambiare le cose se fosse andato in porto...". Poi, "Re Leone" racconta il suo ricordo più bello di Pantani: "Al Giro d’Italia 2003, Marco stravedeva per le ruote superleggere della mia bicicletta, ma non poteva provarle per problemi di sponsor. Un giorno ci mettemmo d’accordo e, dietro una curva, ci fermammo. Vaffanbagno lo sponsor... Marco le montò e ripartì felice come un bambino, con un meraviglioso sorriso di complicità. C’era una salita. ’’Dài che ti aspetto per rientrare insieme’’ mi disse. E io: ’’Vai, vai. Se aspetti me in salita arrivi domani...’’.
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