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Ossezia, rilasciati 26 ostaggi: sono donne e bambini

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2004 12:07
05/09/2004 11:57
 
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Dany&LucaOfficialFanForever
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Scritto da: kira1978 04/09/2004 8.59

"Puoi salvare uno dei tuoi figli"
La scelta impossibile di Zalina
di KIM MURPHY


BESLAN - Zalina Dzandarova culla tra le braccia Alan, un bimbo che dorme col faccino appoggiato al suo petto. Questo è il figlio che Dzandarova è riuscita a salvare, anzi, il figlio che ha scelto di salvare. Letteralmente. Le immagini dell'altra piccola, Alana, una bimba di appena sei anni, la perseguitano: Alana che si appende al suo braccio, Alana che piange e che la chiama, Alana che singhiozza in lontananza mentre Dzandarova esce dalla Scuola Numero 1, stringendo tra le braccia il piccolo Alan di due anni. Giovedì i terroristi hanno consentito a 26 donne e bambini di andarsene. Circa la metà di loro, come Dzandarova, hanno ottenuto il permesso di portare con sé un figlio solo, lasciandosene un altro alle spalle.

"Non volevo prendere questa decisione" racconta Zalina, sconvolta, nella casa del suocero, a poca distanza dalla scuola. "Tutti mi dicono di essere lieti che mio figlio ed io siamo in salvo, ma come posso essere felice se non so più niente della mia bambina?". La violenza spesso sceglie a caso le sue vittime. Molto più raro è che debba essere una madre a fare la scelta di Sophie, salvare un figlio lasciandone un altro davanti all'eventualità della morte.

Mercoledì Dzandarova aveva accompagnato la figlia a scuola, per il suo primo giorno in prima elementare. Mentre gli alunni e i loro genitori si allineavano nell'atrio, hanno visto i terroristi fare irruzione nella scuola. La giovane donna si è messa a correre, cercando riparo con i figli in un'aula, ma è stata catturata insieme a tutti gli altri e condotta in palestra.
In un primo tempo, stando a quanto racconta, a tutti è stato consentito di bere dai rubinetti, ma in seguito i rapitori l'hanno impedito. Senza acqua il latte in polvere fornito dai terroristi per i bambini ha dovuto essere somministrato a cucchiaiate direttamente in bocca. Anche dopo aver rotto i vetri della palestra, l'ambiente era torrido. In soli due giorni il problema si è fatto gravissimo: "Ci dicevano: vedete, i bambini non potranno sopravvivere perché non hanno acqua a sufficienza. Possiamo solo sperare che superino la notte... ".

I guerriglieri, racconta la donna, correvano avanti e indietro nei locali, agitavano le pistole in faccia agli ostaggi, ordinavano e gridavano loro di stare immobili e stare zitti. Quando Alan ha iniziato a strillare per la fame Zalina è stata autorizzata a unirsi ad un gruppo di madri in un'altra stanza, dotata di rubinetti e più fresca.

Giovedì, alle donne di quella stanza è stato comunicato che sarebbero state rilasciate. "Ci dissero di preparare velocemente le nostre cose e di portare con noi i bambini" continua Zalina. Poi è arrivato l'ordine: doveva scegliere tra suo figlio o sua figlia. Lei aveva con sé entrambi. Ha tentato di passare Alana alla cognata sedicenne, ma i guerriglieri se ne sono accorti e le hanno proibito di portare con sé la figlia maggiore. "Alana mi si è appesa al braccio, mi stringeva forte la mano. Loro ci hanno separato". Mi hanno detto: "Vattene col bambino. Lei può rimanere qui con tua sorella". Io ho pianto, li ho supplicati... Alana strillava, tutte le donne intorno a me piangevano. Uno dei ceceni allora ha detto: "Se non ve ne andate adesso, non ve ne andrete più. Rimarrete qui con i vostri figli e noi vi faremo fuori tutti". La scelta dunque era chiara: non potendo salvarli entrambi, Dzandarova poteva morire con i suoi due figli o salvare uno di loro e se stessa. "Non ho avuto tempo per pensare a quello che stavo facendo... mi sono stretta Alan forte al petto e sono uscita. Mentre camminavo sentivo alle mie spalle le urla di mia figlia. Mi chiamava, piangeva. Ho creduto che il cuore mi si sarebbe infranto in quell'istante".

Zalina piange mentre parla. Le lacrime scendono su Alan, che dorme nelle sue braccia e che continua a dormire anche quando, cullandolo, ne scuote il corpicino con i suoi singhiozzi.

P.S:Non ce la faccio più[SM=g27821] [SM=g27813]




"Durante le esplosioni si è avvinghiata a un ragazzo
Salva per miracolo. Senza di lui, forse non l'avrei mai più vista"
Costretta a scegliere tra i figli
trova viva la piccola sacrificata
di KIM MURPHY


BESLAN - Per la prima volta in 24 ore, venerdì Zalina Dzandarova ha smesso di sentirsi morta dentro. Ha riavuto la sua bambina, coperta di sangue, in stato di shock e disidratata. Ma viva. Il giorno precedente, i guerriglieri avevano costretto la giovane ventisettenne, madre di due bambini, a lasciare dietro di sé fra i singhiozzi la figlia di sei anni. Soltanto se avesse abbandonato Alana, le era stato intimato, avrebbe potuto portare via con sé verso la salvezza il piccolo Alan, di due anni.

Tormentata dalla scelta, Zalina ha trascorso tutta la notte di giovedì a pensare a cosa stesse accadendo ad Alana nella palestra della scuola, dove era stata confinata insieme ad altri mille tra bambini e genitori terrorizzati. Si sentiva in colpa per tutto quello che la sua piccola stava vivendo. "Non potrò mai dimenticarlo - dice ora -, non sarò più la stessa".

Alana ha raccontato alla mamma che un altro ostaggio, un ragazzo di quindici anni, l'ha salvata, portandola via con sé dalla palestra dopo che le mine collocate dai guerriglieri erano esplose mandando in fiamme il locale. "Mi ha detto che durante le esplosioni si è avvinghiata con tutte e due le braccia al ragazzo - spiega Zalina - implorandolo "Per favore, non lasciarmi qui"". Le stesse identiche parole che aveva rivolto alla madre ventiquattr'ore prima. "Se non fosse stato per lui, probabilmente non l'avrei mai più vista".

Fuori dall'ospedale, dove Alana è stata ricoverata, Zalina ancora stenta a rendersi pienamente conto dell'accaduto: "Non mi pare vero che sia tutto finito e che entrambi i miei bambini siano vivi. Questo è un vero miracolo". E racconta la riunificazione: "Alana è stata felicissima di vedermi e di essere tornata insieme alla sua famiglia. Ci siamo abbracciate forte ed è stato come se un tutt'uno si ricomponesse dopo essere stato diviso".

Come tutti, a Beslan, Zalina aveva trascorso la notte di giovedì e la mattinata di venerdì fuori dalla scuola. Quando le esplosioni all'interno dell'edificio hanno costretto le truppe russe a fare irruzione, Zalina e sua madre sono andate a piedi all'ospedale, camminando per chilometri, sperando di avere notizie di Alana. Lì hanno passato in rassegna tutte le tende dei feriti, senza esito. "Alla fine - è Zamira, la nonna, a parlare - l'abbiamo trovata proprio dentro l'ospedale. Indossava soltanto le mutandine ed era ricoperta di sangue. Ma non ha neppure un graffio... quello è il sangue di qualcun altro".

www.repubblica.it

P.S:Sono contenta, chissà come si sentiva in colpa la madre[SM=g27821]
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